Il percorso (Sterrato/Asfalto: 90%-10% il percorso corto, e 80%-20% il lungo) si svolge all’interno del Parco Nazionale D’Abruzzo e si sviluppa alle pendici del Monte Tranquillo e sulle piste di Sci di Fondo della Macchiarvana nella zona del comprensorio sciistico di Pescasseroli-OPI-Forca D’Acero.
Parco Nazionale D’Abruzzo
Il Parco Nazionale d'Abruzzo è l'area protetta più famosa e antica d'Italia. Patriarca dei parchi italiani, è sorto il 9 settembre del 1922 sotto la presidenza dell'ingegnere e deputato abruzzese Erminio Sipari e fu ufficialmente istituito con decreto regio n. 257 del 11 gennaio 1923. Oggi si estende per circa 60.000 ettari con una fascia di protezione esterna che fa raggiungere quasi 104.000 ettari di natura protetta. Gravita su tre regioni (Abruzzo - Lazio - Molise) ed occupa territori di innumerevoli paesi montani.
La Fauna
L'animale più famoso e simbolo del Parco è l'Orso bruno marsicano (Ursus arctos marsicanus).
Tra la fauna del Parco merita il secondo posto, per importanza, il Camoscio d'Abruzzo (Rupicapra ornata). Le corna eccezionalmente sviluppate, il colore del mantello invernale e altre caratteristiche lo differenziano da tutti gli altri camosci, tanto da meritare l'appellativo di "più bel camoscio del mondo".
Il prezioso patrimonio faunistico della regione fatto di orsi, camosci, cervi, caprioli, lupi, gatti selvatici, linci, arvicole delle nevi, lontre, martore, citando soltanto i mammiferi più rari e preziosi per il loro valore scientifico e naturalistico, non ha eguali per lo meno tra le regioni appenniniche e fa dell'Abruzzo uno scrigno per la conservazione delle specie più rare.
Durante la pre-scout sono stati avvistati diversi branchi di cinghiali (uno di circa 15), e lepri.
Il parco è inoltre luogo di pascolo per bovini e cavalli.
La Flora
La flora del Parco Nazionale d'Abruzzo é certamente una delle più ricche e interessanti d'Italia. Si contano infatti oltre 1.200 specie di piante superiori. Il paesaggio vegetale del Parco è prevalentemente costituito da foreste di faggio (Fagus sylvatica). Questo è infatti l'albero più comune. Generalmente cresce tra gli 900 e i 1.800 metri di altitudine ed occupa il 60% della superficie dell'area protetta, contribuendo, al trascorrere delle stagioni, a creare un paesaggio ricco di colori. Altre specie arboree diffuse sul territorio sono l'acero di monte, il cerro e la betulla
Sono inoltre presenti alcuni endemismi, specie presenti soltanto in alcune zone del Parco. Si tratta del Pino nero (Pinus nigra) di Villetta Barrea e del Pino mugo (Pinus mugo), specie appartenenti alle epoche glaciali.
Una caratteristica non meno notevole e vistosa della flora del Parco é data da fiori abbondantissimi e multicolori. Numerose e variopinte orchidee, delle quali la più bella, grande e rara è senz'altro la Scarpetta di Venere (Cypripedium calceous). Il Giaggiolo della Marsica (Iris Marsica) e ancora il Giglio rosso, la Genziana maggiore, la splendida Genziana appenninica, lo Zafferanastro giallo, il ranuncolo della Maiella, la Genzianella di primavera. Oltre alle piante superiori sono state documentate e studiate 342 specie di funghi, 57 di microfunghi, 151 di licheni, 174 di muschi, 80 di alghe, 36 di epatiche.
OPI (1253m slm)
Le prime notizie relative all'origine del nome le troviamo in una raccolta anonima pubblicata alla fine del secolo scorso. Alcune di queste notizie, legate ad antiche credenze mitologiche fanno risalire il nome Opi alla dea romana della terra OPE, sorella e moglie di Saturno, figlia del Cielo e di Vesta; altre ad Opice, sacerdotessa del tempio di Vesta, uno dei cinque Templi che costituivano un santuario nel monte ora abitato. L'ipotesi più attendibile sembra essere però quella secondo cui il nome derivi dal termine latino OPPIDUM, ossia castello fortificato; infatti, la struttura del borgo, risalente all'anno mille, con le abitazioni costruite l'una accanto all'altra sul ciglio delle rocce, determina una cinta muraria a salvaguardia del paese. L'insediamento umano nel territorio di Opi ha origini remote. Questo fatto è testimoniato dal ritrovamento di resti un centro fortificato nel luogo dove sorge il borgo, dai tanti reperti archeologici rinvenuti nella Necropoli della Val Fondillo e dai resti di un probabile tempio nelle località "casali" e "Fonte delle Lecina".
Inoltre sembra che i Volsci, intorno al III sec. a.C. siano entrati nel territorio di Opi dal versante laziale, attraverso il passo di Forca d'Acero, per insediarsi tra le località "Molino di Opi", Barrea e l'imbocco della Val Fondillo. Molti sono i motivi che fanno pensare ad una "Opi città sacra" come le denominazioni di antichissime ed ancora vive sorgenti quali la Fonte di Giove, la Fonte Vertuno, e la Fonte Triareccia (in onore della dea Luna considerata triforme) e la lapide murata sulla base del campanile della chiesa di Santa Maria Assunta sulla quale è inciso "sacerdos cerealis" ossia Sacerdote di Cerere, dea romana della terra e delle messe, che lascia supporre l'esistenza di un edificio dedicato al culto della dea. Nell'alto medioevo, i popoli insediati nella località "Molino di Opi" furono costretti a rifugiarsi, a causa delle feroci incursioni nemiche, sulla cima del costone naturalmente protetto dagli scoscendimenti rocciosi. Verso la fine del duecento Opi subisce le angherie dei feudatari e le lotte dei signori della zona ritenuti fra i più guerrieri del regno.Nel 1284 Berardo II di Sangro, figlio di Tedino II signore di Opi, morì senza eredi ed il regno passò nelle mani della sorella Margherita, la quale sposò Cristoforo D'Aquino; nel 1331 si estingueva il primo ramo dei Conti di Sangro, mentre il dominio dei D'Aquino nel territorio di Opi si concluse nel 1400.
Da allora molti furono i signori che dominavano la zona, dalla Marchesa del Vasto Isabella D'Avalos fino ad arrivare agli ultimi Baroni della famiglia Rossi. Questi secoli furono caratterizzati da continue controversie con il feudo vicino, Pescasseroli, fino al 1816 quando fu decretata l'unione amministrativa fra i due paesi, unione che durò fino al 1854. Nel 1884 iniziò la grande migrazione verso le Americhe, in 15 anni furono in ben 520 ad aver abbandonato il territorio.
Macchiarvana
Ai piedi delle fittissime faggete del Monte Tranquillo, della Serra Trasversa e della Serra del Re, si trova l'Altopiano della Macchiarvana, uno dei più interessanti e piacevoli del Parco d'Abruzzo.
Splendide faggete frequentate dall'orso, vette ricche di ampi panorami verso la Valle del Sangro e la Val di Comino, campi carsici e doline completano il quadro. Coperto di neve, l'ampio anfiteatro della Macchiarvana accresce la sua già notevole suggestione. Sul terreno a saliscendi si snodano dai primi anni ottanta gli anelli per lo sci da fondo più frequentati ed apprezzati di questa parte dell'appennino.
Il Santuario della Madonna di Monte Tranquillo
I primi accenni all'esistenza di questa chiesa si hanno già dal XII secolo.Durante il vescovato nella Dìocesì deì Marsì dì S. Bernardo, 1109-1130, su tutti i valicà di montagna si costruirono dei ricoveri per i viandanti; don Vincenzo Amendola, ipotizza che, oltre a quelli di S. Nicola di Ferreto al valico di Forca Caruso e a quello di S.Maria di Valle Porclaneta vicino Rosciolo, fu costruito anche quello di S.Maria di Tranquillo.
Un 'hospitale' attiguo a questa chiesa fu costruito dal dott. Loreto Pastore nel 1644 'acciò per li fortunali tempi non se facesse sterquilino in essa chiesa con li animali', Molto probabilmente, in origine tale chiesa funzionava anche da rifugio per i viandanti mentre solo dal 1644 essa ebbe un vero e proprio hospitale.
A testimonianza di questa funzione ancor oggi esiste su di un lato di questa chiesa, un'iscrizione recante queste parole: HABET ONUS OSPITALITATIS 1683'. Una donazione alla chiesa di S.Maria di Tranquillo risale al 10 luglio del 1517 e fu fatta da Venditto Petrillo; altre due, sempre nello stesso anno, furono fatte da Cola Coraluscio il 2 agosto, e da Orante di Cascio il 16 agosto.
In questo periodo il rettore della chiesa di S.Maria di Tranquillo era don Giacomo Ficorone il quale figura come tale in tutte e tre le donazioni citate.
Nella bolla del Vescovo dei Marsi Mons.Colli, tra le rendite di vari benefici rurali aggregate al seminario diocesano di Pescàna, figurano anche quelli di S.Maria di Tranquillo in territorio pescasserolese (anno 1580). Nel 1632 le decime che questa chiesa pagava alla Cattedrale dei Marsi ammontavano a ducatì 1,32.
Per tutto il XVII secolo si hanno documenti che riguardano le rendite della chiesa, che, nella prima metà de XVIII secolo, viene detta dìruta.
Una tradizione orale dei paese di Pescasseroli vuole che l'icona che si trova in questa chiesa provenisse da Foggia sottratta alla persecuzione degli iconoclasitici. Altri vorrebbero farla risalire alla Scuola francese del XV secolo, infine alcuni, e con maggiore credibilità , la vorrebbero come esemplare della scultura lignea abruzzese dei secoli XVII / XV.
Fortemente danneggiato nell'ultima guerra, il sacro edificio fu ricostruito dai pescasserolesi nel 1956: ne è testimone una lapida inserita sul portale. Attualmente essa è meta di pellegrinaggio nel giorno della festa della Madonnina nera che vi si venera. La festa ha luogo ogni anno nell’ultima domenica di luglio con Messa e processione che porta la Madonna sino al predetto valico. Si racconta che anticamente tal simulacro veniva sceso a Pescasseroli accompagnato da devoti recanti in mano rami di faggio, i quali significavano la fedeltà dei montanari alla Vergine.
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